Speech: Industria necessaria per crescere e creare lavoro

Met dank overgenomen van Europese Commissie (EC) i, gepubliceerd op woensdag 12 februari 2014.

Commissione europea

[Fa fede solo il discorso pronunciato]

Antonio Tajani

Vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l’Industria e l’Imprenditoria

Industria necessaria per crescere e creare lavoro

IX Symposium COTEC Europa

Lisbone, 12 Febbraio 2014

Excellentissimo Senhor Presidente da Republica Portugesa,

Majestad,

Signor Presidente della Repubblica Italiana,

Signore e Signori,

Creio que uma das ações de maior impacto destes últimos cinco anos foi o ter posto a economia real, o trabalho e a indústria no centro da agenda politica. Esta nova rota da Comissão Europeia tem tido um largo reconhecimento, inclusive da parte do Presidente do Parlamento Europeu, Martin Schulz.

Non era scontato. All'inizio del nostro mandato imperava il pensiero dominante di un'Europa post industriale, focalizzata su servizi e finanza.

La crisi ci ha fatto vedere i rischi legati a una finanza autoreferenziale e senza regole. E ci ha fatto constatare la fragilità di economie prive di una solida base industriale e di capacità d'innovazione.

Abbiamo finalmente aperto gli occhi: senza industria non si cresce e non si crea lavoro.

Buona parte delle nostre esportazioni, dell'occupazione, della ricchezza, dipendono dall'economia reale. Senza radici profonde nel manifatturiero, anche i servizi s'inaridiscono.

E' dal processo industriale che nasce la maggior parte dell'innovazione.

La parola stessa, industriarsi, evoca creazione, ricerca continua di nuove frontiere, una spinta a essere migliori.

La sua essenza è l'ingegno, che ha fatto di Ulisse, protetto da Atena, il vero eroe dei poemi omerici.

L'eroe di Itaca è il primo uomo europeo che affronta con la forza della mente le sfide e l'avventura verso l'ignoto.

Quella stessa spinta all'esplorazione di nuove rotte, nuove scoperte, nuove vie commerciali, ha animato i grandi navigatori, capitani d'intrapresa portoghesi, spagnoli o italiani. Anche grazie a loro si è sviluppato il Rinascimento economico e culturale europeo.

In questa nuova visione di centralità dell'industria si guarda al futuro. Non vecchie ciminiere inquinanti, ma una produzione moderna, con in primo piano: qualità, sostenibilità e nuove tecnologie. In un sistema dove servizi, finanza e manifattura, lungi dall'essere contrapposti, sono indissolubilmente legati.

Rimettere l'industria al centro non basta.

Ora dobbiamo agire. L'eccesso di austerità ha fortemente indebolito la nostra base produttiva. Abbiamo perso investimenti e milioni di posti di lavoro. Siamo al record negativo, con solo il 15% di PIL legato al manifatturiero.

Abbiamo perso competitività a livello globale. Anche perché investiamo molto meno di USA, Giappone o Corea in innovazione.

Per questo, la nostra strategia per riportare il PIL del manifatturiero al 20% entro il 2020, parte proprio da innovazione e formazione, anima e cuore pulsante della rivoluzione industriale di cui vogliamo essere leader.

Solo con più investimenti in innovazione industriale l'Europa può rispondere ai problemi di crescita, occupazione, scarsità delle risorse, surriscaldamento, che abbiamo davanti.

Ecco perché nella strategia su industria - energia - clima appena approvata, è proprio l'innovazione a suggellare il matrimonio tra industria e sostenibilità: accanto a misure per la lotta ai cambiamenti climatici viene tracciata la via "Per un Rinascimento Industriale Europeo".

Per la prima volta non è solo l'agricoltura ad avere risorse: quasi 1/6 del bilancio comunitario da qui al 2020 è destinato all'innovazione e alla competitività industriale. Con i cofinanziamenti nazionali, i prestiti della Banca Europea d'Investimento e le risorse private possiamo mobilizzare fino a 1000 miliardi.

In parallelo, molti governi, tra cui quelli italiano, portoghese e spagnolo, ci sostengono con l'iniziativa degli “Amici dell’industria” per definire un’ambiziosa agenda per la riunione dei Capi di Stato e di Governo del mese di marzo, la prima dedicata all'industria.

Il mio auspicio è che questo Vertice non sia un'occasione persa. I leader europei non devono limitarsi a enunciazioni di principio, ma garantire vera coerenza delle politiche su ricerca, infrastrutture, energia, ambiente, o educazione, con l'obiettivo della reindustrializzazione.

La prima forza dell'Europa sono i tanti milioni d'imprenditori mossi da un sogno, da un'idea da realizzare.

E' la vera linfa vitale della nostra società. Ostacolare questa energia significa boicottare il lavoro, la crescita e, lo stesso modello di economia sociale di mercato.

L'Europa non può permettersi di far fuggire le imprese. Per questo, il cambiamento più profondo che dobbiamo realizzare riguarda proprio il contesto in cui operano.

Non ci siamo fermati alle buone intenzioni. Abbiamo dato l'esempio, avviando un ampio processo di semplificazione e applicando il test di competitività ad ogni nuova proposta legislativa.

Ma anche gli Stati devono fare la loro parte. E, talvolta, gli appelli da soli non bastano.

Rinascimento Industriale significa anche norme europee che obblighino le amministrazioni a pagamenti e licenze in 30 giorni, avvio di un'impresa in 3 giorni con 100 euro, riduzione dei tempi giudiziari.

L'industria che vogliamo deve essere, prima di tutto, competitiva sui mercati internazionali. Dobbiamo puntare, senza ingenuità, su accordi di libero scambio che garantiscano alle nostre imprese un accesso effettivo, a parità di condizioni, ai mercati. A cominciare da quello degli Stati Uniti.

Siamo la prima potenza economica, industriale e commerciale al mondo. Il nostro saper fare e la qualità dei nostri prodotti sono richiesti ovunque. E' una grande forza dell'Europa che va fatta valere anche con una diplomazia economica.

In un mondo che cambia velocemente, con l'emergere di nuovi grandi attori globali quali Cina, India, Brasile, Messico o Indonesia, nessuno Stato europeo è abbastanza ricco o popolato per pesare davvero.

Imparare a parlare, sempre più, con una voce sola, è essenziale per garantire gli interessi della nostra industria; a cominciare da un accesso sicuro e a prezzi concorrenziali alle materie prime e all'energia.

Per questo dal 2011 ho guidato molte missioni per la crescita con imprese europee per promuovere opportunità economiche e formalizzare accordi di cooperazione.

A gennaio le tre imprese europee che lavorano all'allargamento del Canale di Panama, mi hanno scritto chiedendo alla Commissione di facilitare una soluzione del contenzioso in corso. Questo ha rafforzato la mia convinzione sulla necessità di una forte diplomazia economica.

No puedo concluir mi discurso sin referirme a uno de los principales problemas que tenemos en Europa: el alto paro juvenil.

Las "Misiones para el Crecimiento" también se organizan dentro de la Unión Europea y tienen la ventaja que vienen empresas de toda Europa a una ciudad en un mismo momento.

Es la segunda vez en poco tiempo que vuelvo a Lisboa. El pasado 29 de noviembre reunimos casi 800 (ochocientas) empresas, de las que 185 (ciento ochenta y cinco) eran no portuguesas, para invertir y hacer negocios en Portugal.

Sé que hay una segunda edición de esta Misión en Lisboa a inicios de abril y me felicito.

Como estas reuniones empresariales funcionan bien en la lucha contra el paro juvenil, estoy organizando una en Valonia, Bélgica ahora en Febrero. Iré después a Italia, primero a Campania a mediados de marzo y a Sicilia a final de marzo. Acabaré esta serie de Misiones para el Crecimiento en España en Andalucía y Extremadura a primeros de abril.

Conclusioni

Come ha ribadito il Primo Ministro greco Antonis Samaras da BusinessEurope, serve un'Industrial Compact che bilanci e integri il Fiscal Compact; con un consiglio Competitività che abbia un peso analogo a quello dell'Ecofin.

Il solo patto fiscale, applicato con rigidità e troppa austerità, ha contribuito alla spirale recessiva che ancora distrugge la nostra base industriale e il lavoro.

Solo orientando il timone verso l'economia reale, le Piccole e Medie Imprese e il lavoro, possiamo tagliare l'erba sotto i piedi ai populismi, a chi vorrebbe la fine dell'euro, della libertà di circolazione, a chi vede l'Europa come un nuovo Leviatano.

Serve più solidarietà. Serve un bilancio federale, serve un vero governo economico. Serve una Banca Centrale capace di guardare alla stabilità, ma anche alla disoccupazione. Serve una Banca centrale capace si di contrastare l'inflazione, ma anche il reale pericolo di oggi: la deflazione.

Ecco perché, tutti insieme, dobbiamo avere il coraggio innovativo dei Padri Fondatori nel perseguire un percorso iniziato molti anni fa che non può fermarsi oggi, pena il fallimento.

Alle prossime elezioni europee la politica dovrà saper convincere a partecipare a un nuovo progetto di Europa che torni a fare sognare. Trasformando la protesta in voglia di cambiamento.

Vorrei concludere il mio discorso rivolgendo un pensiero ai fucilieri della Marina Italiana che da due anni sono trattenuti in India con l'infamante accusa di terrorismo. Si trovavano nell'oceano Indiano a difendere la nostra libertà di commerciare i prodotti delle nostre imprese.

Non riconoscere il loro ruolo di difensori della legalità comporterebbe, come ha detto Catherine Ashton, gravi ripercussioni, non solo in Italia, ma in tutti i Paesi coinvolti nella lotta contro la pirateria.

Mi vengono in mente le parole di San Francisco Javier, uno spagnolo nato in Navarra, formatosi a Roma e al quale i portoghesi avevano affidato il compito di evangelizzare l'Asia. Le sue reliquie si trovano oggi in India, nella cattedrale di Goa.

Diceva questo sacerdote missionario che: "Aunque nadie ha podido regresar y hacer un nuevo comienzo…cualquiera puede volver a comenzar y hacer un nuevo final". Sono parole di speranza che rivolgo ai fucilieri di Marina italiani, con l'augurio di tornare presto in Patria. Ma sono parole che rivolgo anche a tutti coloro che vogliono innovare e quindi costruire un nuovo sogno europeo: gli Stati Uniti d'Europa.